La mastoplastica additiva rappresenta uno degli interventi di chirurgia estetica più richiesti. Tuttavia, la sua esecuzione è disciplinata da precise normative che pongono importanti limiti di età, stabiliti a tutela della salute fisica e psicologica delle pazienti. Di seguito analizziamo in dettaglio i vincoli normativi, le motivazioni che li giustificano, le circostanze che permettono di derogare e le responsabilità dei professionisti coinvolti.
Età minima e divieto per le minorenni
Secondo quanto stabilito dal D.L. 86/2012, è vietato praticare l’intervento di mastoplastica additiva su pazienti di età inferiore ai diciotto anni. Questa regola si applica in maniera generale e non ammette, di norma, eccezioni in presenza di motivazioni puramente estetiche. La ratio di questo divieto risiede nella necessità di garantire che la paziente abbia raggiunto una maturità fisica e psicologica sufficiente a comprendere le implicazioni dell’intervento e a fornire un consenso consapevole e autonomo.
Nel caso della chirurgia estetica sul seno, l’età è un parametro particolarmente rilevante poiché la crescita mammaria può proseguire fino alla tarda adolescenza. Intervenire prima del completo sviluppo può comportare un rischio di risultati non stabili nel tempo e la necessità di interventi successivi di revisione. Inoltre, la sfera emotiva delle minorenni è più vulnerabile rispetto agli standard estetici e sociali, con il pericolo che la decisione di ricorrere alla chirurgia sia influenzata da pressioni esterne o da aspettative non realistiche.
Le eccezioni per malformazioni congenite
Pur in presenza di un divieto generale, il D.L. 86/2012 individua alcune eccezioni che rendono possibile l’aumento del seno anche per le pazienti minorenni. La legge consente l’intervento quando siano presenti gravi malformazioni mammarie congenite. Tra queste, il documento cita specificamente la mammella tuberosa e la sindrome di Poland.
La mammella tuberosa è una malformazione in cui il tessuto mammario si sviluppa in modo anomalo, determinando una forma conica, un solco sottomammario elevato e una base di impianto ristretta. Questa condizione può avere un impatto negativo non solo estetico ma anche psicologico, poiché compromette la percezione di normalità corporea e può ostacolare il corretto sviluppo dell’autostima. La sindrome di Poland, invece, è caratterizzata dall’assenza parziale o totale del muscolo grande pettorale e dalla ipoplasia o assenza della ghiandola mammaria sullo stesso lato. In questi casi, la mastoplastica additiva assume un valore correttivo che va ben oltre la semplice finalità estetica, contribuendo a restituire proporzione e simmetria al torace.
Il ruolo della certificazione specialistica
Affinché un intervento di mastoplastica additiva su minorenni possa essere eseguito legalmente, non è sufficiente la semplice constatazione clinica del chirurgo estetico. La legge richiede che la presenza di una grave malformazione sia certificata da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale oppure da una struttura sanitaria pubblica.
Questa certificazione costituisce un passaggio fondamentale per garantire che il trattamento non risponda a esigenze esclusivamente estetiche ma a una reale necessità correttiva. Il documento redatto deve attestare in maniera chiara e motivata la diagnosi di malformazione congenita e l’impatto che essa determina sulla salute psicofisica della paziente. Solo dopo questo iter di valutazione e conferma è possibile programmare l’intervento in modo conforme alla normativa.
Il chirurgo estetico ha l’obbligo di acquisire tale certificazione e di conservarla in cartella clinica, insieme al consenso informato dei genitori o dei tutori legali. Questo passaggio tutela sia la paziente sia il professionista, che in questo modo dimostra di aver agito nel rispetto delle disposizioni vigenti.
Considerazioni etiche e responsabilità professionali
La possibilità di effettuare una mastoplastica additiva su pazienti minorenni in presenza di gravi malformazioni comporta una particolare attenzione alle implicazioni etiche e psicologiche dell’intervento. Oltre agli aspetti puramente tecnici, il chirurgo è chiamato a valutare la maturità emotiva della paziente, il suo grado di consapevolezza e le aspettative sul risultato.
Sebbene l’intervento possa migliorare la qualità della vita e ridurre il disagio psicosociale legato alla malformazione, è essenziale che la decisione sia ponderata e condivisa con la famiglia. La normativa vigente riconosce la complessità di queste situazioni, prevedendo un percorso di valutazione multidisciplinare e un’attenta informazione sulle potenzialità e sui limiti dell’intervento.
In sintesi, mentre la legge vieta la mastoplastica additiva a scopo puramente estetico per le minorenni, le deroghe concesse per le malformazioni congenite sono motivate dalla volontà di garantire la salute psicofisica di pazienti che, altrimenti, vivrebbero una condizione di importante disagio. Il rispetto rigoroso delle procedure di certificazione e consenso rappresenta l’unico modo per agire in modo conforme alla normativa e all’etica professionale.